AMERIGO
È
partito con l’entusiasmo,
con la
foto agganciata in bella vista
sul
petto, dalla parte del cuore, con una pinzetta.
Documento
e legge
per la
manutenzione della povera gente,
è
partito un conoscente che si chiama Amerigo,
ed è
acclamato Capo Volontario
dal suo
drappello esordiente.
È
venuto a portare qualcosa in un paese africano
che
tutti chiamano paese del terzo mondo.
Lui
crede che voglia dire che viene dopo il secondo
ed
ovviamente dopo il primo,
è
convinto che ci sia una classifica dapertutto.
Dopo
Amerigo, è atterrato un Jumbo Jet privato
di un
sant’uomo comandante di ruolo
di uno
stato giusto e millenario.
Amerigo si dà da fare,
scioglie la ricetta umanitaria nell’acqua calda,
si tratta di latte in polvere e gallette;
eppure li vede morire come cavallette,
larve che si trasmettono la morte col DNA,
nascono e si consumano come candele,
i bambini del terzo mondo
stanno morendo con le mosche nello occhiaie
e l’addome gonfio d’aria e d’acqua stagnante.
Muoiono abbandonati
o attaccati alle mammelle delle donne
rassegnate.
Ma adesso è il turno della ricetta intellettuale
per far resuscitare questa gente;
è scritto in un breviario universale
da cui attinge un sermone volontario e gratuito,
preghiere di sofferenza e di fede,
idioma incomprensibile per chi ha fame,
ma che esorta, incita, alla fede e a figliare,
alla fede e a figliare, figliare...
Arrigo è preso dallo sconforto,
miracoli non se ne possono fare
e non si debbono neanche promettere;
gli viene in mente il suggerimento di un tale
reduce da un decennio di volontariato,
scocciato da tanta ipocrisia.
Gli disse a chiare lettere:
Carica due casse di preservativi sulla nave
se vai laggiù per aiutarli veramente.
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