CIAK..NON SI GIRA
PIU’
Sui giornali c’era scritto “Materia
celebrale” per noi ragazzetti che l’avevamo vista di prima mattina andando a
scuola ,da ignorantelli e provinciali
avevamo detto a tutta la scuola che si trattava di pezzetti di ciccia e
sangue.Poi,il figlio del macellaio che come noi aveva visto da sotto il fondo
del rimorchio il corpo di quel giovane quasi incollato al muro e tenuto fermo,sorretto
dalla sponda di un carro da rimorchio,quel corpo che si vedeva solo fino al
petto perché la testa era stata completamente schiacciata mentre manovrava a
mano,da solo,dal dietro e in piedi,quel mezzo di supporto alle riprese della
troupe cinematografica per la quale lavorava,questo figlio di macellaio,grezzo
e benestante,avvezzo alla macellazione animale,disse,alzando le spalle”E’ tutto
cervello spappolato con le ossa del cranio e le mascelle” Continuò ad affilare
il coltello che suo padre gli aveva dato come primo compito finita la scuola,ma
un occhio lo lasciò un bel po’ incollato al pallone di cuoio che uno di noi
aveva sottobraccio.
Certo,noi tornammo a scuola e i giorni si susseguirono con gli stessi
ritmi.Dimenticavamo e tornavamo su quella tragedia che si arricchiva di
commenti e di accese discussioni tra gli adulti e accorate preghiere delle
nonne con corona del rosario stretta tra le mani,tornavamo su quella tragedia
da ascoltatori e spettatori di certe riunioni improvvisate in mezzo alla
strada,tra una faccenda e l’altra delle mamme che vivevano strade e vicoli del
nostro quartiere.
Non mi ricordo per
quanto tempo restò tutto intoccabile e transennato in quella piazzetta vicino
alla chiesa della carità.C’era,anche se non praticabile,l’ingresso
secondario alla Villa D’Este;ci sarà
stata senz’altro un’inchiesta,una indagine,in quel periodo si riversarono dove
era accaduta la tragedia,un’infinità di persone e
personaggi,giornalisti.giuristi,turisti in cerca dell’ingresso principale
dirottati per sbaglio o per genuina cattiveria provinciale,e fedeli che
frequentavano la chiesa,diventarono fedelissimi e gente di altri quartieri
allungavano il tragitto per vedere,sapere,essere aggiornati.
Quel disgraziato s’era messo in testa di
fare l’attore e si arrangiava a fare l’operaio generico in quel mondo che
considerava dorato e al quale sognava di appartenere un giorno,nel ruolo più
desiderato,quello di attore,a cui si chiedono autografi e strette di mano.
Finì l’anno scolastico,durante l’estate
alcuni operai,nel punto dove quel giovane aveva perso la vita,costruirono una
nicchietta dove venne posta una mensola,una mensola con fiori,foto e lumi
accesi notte e giorno.
Una domenica che si
soffocava dal caldo,un gruppo di persone si fermarono davanti alla nicchia,a
semicerchio,gli uomini avevano giacca e cravatta,le donne camicette con maniche
lunghe e senza la minima scollatura;sembravano più funzionari che parenti.
Mi accorsi che le
donne piangevano senza quasi respirare e non riuscii a capire chi fosse la
madre,se ce l’aveva,parevano tutti con lo stesso dolore;nessuno aprì bocca,ma
il signore che era il solo con i capelli brizzolati ,disse"Hai recitato con la
morte,mon amì Julien”
Quando andarono
via,noi che avevamo assistito e sentito,ci chiedemmo che voleva dire “mom amì” e se Julien era un nome di uomo e
non sapemmo risponderci fino a quando non incontrammo il figlio del macellaio
che la domenica metteva il completo blu
e la cravatta come suo padre;lui non aveva neanche assistito alla scena,eppure
quando cedemmo alla curiosità di sapere e chiedemmo se lui conosceva quelle
persone,ci disse,guardandosi le mani con la stessa attenzione che aveva quando
affilava i coltelli “Secondo voi,quello più anziano era il padre?”
-Quello era il
regista..il regista del film che hanno girato a Villa D’Este-
“Come lo sai??”
Chiedemmo in coro
Tornò a guardarci e a
guardarsi attentamente le mani e disse che suo padre l’aveva avuto come cliente per tutto il periodo delle
riprese.
-Il manovratore,il
morto,si chiamava Julien e sempre quando il vecchio si rivolgeva a lui,diceva “Mon
amì Julien”
Quel
giorno sono certo che tutti noi l’ammirammo e allo stesso tempo fummo
inviodiosi di quello che aveva saputo,ma l’invidia vinse l’ammirazione e non gli chiedemmo cosa volesse dire “Mon
Amì”