lunedì 7 marzo 2011

Premio poeta dell'anno 2005 - TITOLI


TUTTO D’UN FIATO 
 
Guardo ...
com’è bravo il lago
a risciacquare
i piedi alla collina
caricato
dalla tinozza del cielo
e come conserva
verde e fitta la chioma
che la doccia fredda
ha tartassato
e come scappano in fila indiana
e si sorpassano le lucciole
lungo i ponti dell’autostrada
e un paio di zanzare
rosse e bianche
basse basse
monitorano,
volteggiano a controllare
le arterie allagate
del quartiere dormitorio
nuovo nuovo
e da sola si sollazza
fradicia e leggera
la bandiera della città
dimenticata sul palco
della presidenza regionale,
ieri, ieri l’altro
o tre giorni fa.

CONFIDENZIALE
 
Nel rapporto
non ho mai usato gli straccali
per starci comodo
nel pantalone
dell’unione matrimoniale.
Tengo stretta
la cintura personale
perché snellisca
il piatto della vita,
adoperando
la diligenza del fornaio
affinché
quello sfornato
sia pane fragrante e caldo,
e chi mi vive accanto
non debba smollicarlo
e imbrattarci
ogni vano
di convivenza.

MILLENOVECENTOCINQUANTA  DUE
 
Si chiudeva in casa il mondo,
quando l’ombra lasciava il monte,
quando si anelava
sole pioggia e raccolto,
quando il vecchio dio
rientrava dall’osteria
e già sonnecchiava
incrociando le braccia,
la testa calva
sempre coperta come il sesso.
La tristezza
era quella casa diroccata
troppo lontana
per la felicità
che mi riportava a casa,
con l’ansia di starci
a prima sera
aspettando papà e mamma
aspettando la minestra
accanto al fuoco della nonna.
C’erano sempre fascine di legna
accatastate
nell’angolo più lontano della cucina.
Nessuno veniva a trovarci,
nessuno usciva dopo cena.
Ospiti fissi
erano i topolini di campagna.

UNA COMPAGNA D’INFANZIA
 
Biondina biondina,
seria seria, aristocratica;
tanto cara.
Le care amiche
ti dicevano:
tuo padre ci porta l’amante
a spasso con la Giulietta sprint,
e tua madre pare un fantasma.
Frequentavi la terza media,
scendevi la scalinata
che taglia il Viale dei Villini;
una volta mi dicesti:
se mi vuoi bene portami un nido
portami un nido di cardellino.
Io non avevo capito
che volevi fare
con la nidiata un’altra famiglia,
tanti fratelli e tu la mamma
in quella villa d’un rosa antico
col viola dei glicini
e il bianco dei gelsomini.
Biondina biondina
seria seria,
col nome scritto a matita.
Avevi tredici anni
frequentavi la terza media;
il cielo paziente e il viso
trattennero la pioggia.
Oggi avresti la mia età,
una piccola casa, una nidiata di figli
o una bambina sola,
biondina biondina,
seria seria, aristocratica,
tanto cara come te.

CIAO FRANK 

Mi ricordo di te.
(Nessuno può ricordarselo meglio).
Saltavi il fosso,
coi grilli in testa
scoperchiavi le montagne.
E poi gli anni gli anni gli anni.
Gli anni
ti porteranno al pensionato
col bastone il cappello la gotta?
La pancetta gli acciacchi
i lamenti le fissazioni?
Non fare il fesso Frank,
non metterti a fare il vecchio.
Mi vergognerei di te, Frank.
Frank sono ancora io.
Siamo soli adesso.
Uno solo è Frank.
Uno sei tu.
Uno sono io.
Uno.
Ciao Frank.

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